L’impatto di una freedom to operate

Come saprete, una freedom to operate, è un’analisi sulla possibilità, relativamente titoli di IP di proprietà di terzi, in particolare brevetti, di mettere in commercio uno specifico dispositivo.

Si tratta di analisi spesso molto complesse che necessitano decine di ore di lavoro di più consulenti.

Tali analisi partoriscono una bottom line, che, nei casi più fortunati, è sostanzialmente nulla.

Tuttavia non è importante solo la bottom line, specie nei riguardi di clienti B2B, investitori, partner commerciali e addirittura concorrenti è molto importante anche mostrare la montagna che ha partorito il topolino, il lavoro accurato di ricerca ed analisi che è stato fatto.

È per questo che alla LM, invogliati dai nuovi strumenti tecnici di stampa digitale, che consentono di ottenere anche un esemplare unico di un libro rilegato professionalmente con brossura e copertina flessibile, abbiamo deciso di dare una veste cartacea alla consulenza.

Vi assicuro, rispondere ad un terzo, “si abbiamo fatto un’analisi, ora la cerco tra le email” rispetto a “ecco qui la nostra analisi di 1000 pagine, rilegate professionalmente”, fa tutt’un’altra impressione. Come si suol dire “anche l’occhio vuole la sua parte” ed “è la prima impressione quella che conta”.

Questo brevetto europeo unitario non s’ha da fare

Come noto a tutti il brevetto Europeo, esistente dal 1973, è costituito da una procedura di concessione unitaria, portata a termine dall’Ufficio Brevetti Europeo, alla quale segue una spachettizzazione del brevetto ed una suddivisione in brevetti nazionali, sottoposti, in caso di lite, al giudizio di tribunali nazionali.

Da ormai due decenni l’Unione Europea, o almeno parte delle stessa, prova a portare avanti il progetto di un Brevetto Europeo Unitario, in cui, all’interno dell’UE, il brevetto viene ritenuto unitario e giudicato da tribunali appositamente previsti.

Sono ormai almeno cinque anni che il traguardo, che sembra a pochi metri, continua ad allontanarsi. In particolare, hanno pesantemente influito rallentamenti causati dalla Brexit, da una causa presso la Corte Costituzionale in Germania, da un “no” del parlamento tedesco (se ho ben capito formalmente dovuto a mancanza di quorum a causa “Coronavirus”), e, pochi giorni fa, da una ulteriore causa presso la Corte Costituzionale in Germania (https://www.faz.net/aktuell/wirtschaft/upc-in-karlsruhe-verfassungsklage-blockiert-abermals-einheitspatent-17144279.html).

Proprio la Germania, dopo anni di pressing, sta bloccando il brevetto Europeo Unitario.

Personalmente trovo molte contraddizioni nel brevetto Europeo Unitario. Basti pensare che già esistono mezzi per far valere la contraffazione, dichiarata in una nazione dell’UE, in un’altra. Basti pensare che il principale punto di discussione, negli anni, è stato il fatto che ogni nazione vuole avere il diritto di valutare internamente la validità del brevetto, quando la validità del brevetto è lasciata al 99% all’Ufficio Brevetti Europeo, che è centralizzato. Perché semplicemente non prolungano per tutta la durata dal brevetto Europeo (non Unitario) il periodo di possibile opposizione? Magari chiamandolo annullamento, come per il marchio Europeo?

Poco male, il brevetto Europeo tradizionale funziona alla grande da quasi cinquant’anni, basti pensare che gli stati membri sono addirittura 44, che anche stati esterni all’Europa geografica ne hanno chiesto adesione negli ultimi anni, e che, complice il London Agreement, sono notevolmente diminuiti i costi di validazione dello stesso brevetto Europeo.

La brevettabilità dell’Intelligenza Artificiale

L’EPO ha recentemente affrontato l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale (AI) nelle domande per la registrazione di brevetto (https://www.epo.org/news-events/in-focus/ict/artificial-intelligence.html).

L’intelligenza artificiale è considerata una branca dell’informatica, quindi le invenzioni che coinvolgono l’AI sono considerate come “computer-implemented inventions” (CII). Insomma, siamo da capo a quella che è volgarmente detta “brevettabilità del software” di per se ormai nota e collaudata.

Infatti, le CII non sono escluse dalla brevettabilità se hanno un carattere tecnico. Nel corso degli anni, la giurisprudenza delle Commissioni di ricorso dell’EPO ha stabilito una linea di giudizio e prevedibile per la brevettabilità delle CII (o software che dir si voglia)

Lo stesso approccio si applica alle invenzioni attuate dal computer relative all’AI. L’intelligenza artificiale si basa su modelli computazionali e algoritmi matematici che sono di per sé di natura astratta. Tuttavia, brevetti possono essere concessi quando l’AI è applicata per risolvere un problema tecnico. Ad esempio, l’uso di una rete neurale in un apparecchio di monitoraggio del cuore allo scopo di identificare i battiti cardiaci irregolari fornisce un contributo tecnico. L’uso di AI per ottimizzare i carichi di lavoro in un network informatico, la classificazione di immagini digitali, video, segnali audio o vocali in base a caratteristiche di basso livello (ad esempio bordi o attributi di pixel per le immagini) sono altre tipiche applicazioni tecniche dell’AI.

Insomma, la questione della brevettabilità dell’utilizzo dell’AI si può riassumere con un confortante “niente di nuovo”.

Con una semplice spunta otterrete la segretezza dai vostri visitatori

Una premessa: i risultati del mio blog + linkedIn mi incoraggiano notevolmente.

Dai feedback mi sembra di essere utile e di suggerire semplici accorgimenti che possono aiutare notevolmente.

Mi fa molto piacere!

Non posso che fornirvi altri consigli.

Ricordo ancora il post sui segreti commerciali (https://www.lunati-mazzoni.com/2020/10/14/tutelare-i-segreti-commerciali/) e sulla loro tutela, addirittura immediata e priva di sforzo se i segreti commerciali sono trattati insieme ai dati particolari (ex-sensibili) del GDPR.

È un po’come dire: se avete due figli che vanno alla stessa scuola, agli stessi orari, accompagnateli insieme e non uno alla volta.

Ora volevo darvi un altro piccolo suggerimento.

Quasi tutti, nelle vostre aziende, avete un modulo (cartaceo o digitale) da compilare in ingresso, allo scopo di registrare i visitatori per la sicurezza ed anche per il trattamento dati. Nello stesso modulo inserite una casella da spuntare sull’impegno alla segretezza. Ad esempio una casella sotto una voce: “Il visitatore si impegna alla segretezza come da accordo riportato in calce al presente foglio” (il tutto può essere fatto molto più agevolmente con un tablet, come ho visto in diverse aziende).

In calce al foglio riportate un qualcosa del tipo:

Il Visitatore si impegna a mantenere il segreto, salvo esplicito consenso, sulle informazioni e/o materiale che gli saranno mostrati, descritti o che vedrà nella presente società ABCXYZ [nome società].

Il Visitatore assicura massima correttezza e garantisce che non richiederà privative connesse alle dette informazioni e/o materiale e che non intraprenderà azioni, incluse quelle di concorrenza, che possano limitare i diritti e le potenzialità della società ABCXYZ, in relazione a quanto evidenziato dalle dette informazioni e/o materiale.

Un legale potrà consigliarvi meglio.

In questo caso, sostanzialmente senza sforzo, rafforzerete la tutela dei vostri segreti commerciali ed inoltre farete sì che qualsiasi divulgazione avvenuta, volontariamente o meno, ad opera di un visitatore, non sia un ostacolo a una potenziale futura brevettazione.

 

Continua la tendenza suicida: eliminazione totale dell’aspetto verbale dei marchi

Con questo post, faccio un salto in un campo non proprio mio: il design e il rinnovo estetico dei marchi. Infatti, io i marchi li proteggo, non li progetto.

Essendo in un campo del quale non sono professionista, scrivo i miei liberi pensieri.

Abbiamo già visto nel post https://www.lunati-mazzoni.com/2018/11/29/marchi-esclusivamente-figurativi/, la recente tendenza delle grandi aziende: eliminare qualsiasi aspetto verbale e fonetico dai marchi. Abbiamo anche già espresso le nostre perplessità.

Perplessità che rafforzo in questa sede.

A mio parere, le grandi aziende stanno compiendo l’opera suicida di cancellare i propri nomi.

Da ultimo, ho visto sulla nuova carta di credito la variazione del marchio MasterCard, come vedete nell’immagine (da https://www.monotype.com/resources/articles/a-wordless-future-what-mastercard-s-new-logo-tells-us-about-the-modern-brand).

Scusate, se non mi intendo di questioni bancarie e il cassiere mi chiede “MasterCard o Visa?” io che gli rispondo? … “Boh, ha due pallini” … o forse prima gli rispondo “È arancione” o ancora “C’è una sfinge sullo sfondo”.

E su internet cosa cerco? Disegno i due pallini in Google immagini?

E se devo consigliare la MasterCard a un mio amico che gli dico? Prendi la carta coi due pallini? Impensabile!

E tra dieci anni le persone che avranno trent’anni e che non avranno mai visto la scritta MasterCard, come potranno ricordarselo?

Possibile che non sia chiaro che il nome dato a un prodotto fa parte del prodotto e lo definisce? Non avendo un nome, il prodotto rimane indefinito e quantomeno monco.

Al contrario, io consiglio di nominare anche i processi, proprio per dare loro consistenza e commerciabilità.

E qui torno al nostro video: https://youtu.be/e4JRm5kWqk4 . Proprio qui sosteniamo che Luca, creando e proteggendo i marchi delle tecnologie, consente la loro diffusione senza doverle raccontare nuovamente ogni volta.

Qui al contrario stiamo assistendo all’eliminazione dei nomi e alla conseguente eliminazione di identità.

Assurdo!

Trascrizione, traduzione o traslitterazione in cinese del marchio?

Abbiamo visto nello scorso post, la necessità di registrare in Cina non solo il proprio marchio in caratteri latini, ma anche il proprio marchio in Cinese. Come già accennato la trascrizione o traduzione del marchio può avere molte sfaccettature e problematiche, di seguito riportiamo le diverse tipologie esaminando esempi celebri perché noti a tutti, e tenendo presente che la trascrizione o traduzione del marchio in cinese è comune a tantissime PMI Italiane.

 

Traduzione

La traduzione è una trasposizione semantica del marchio da una lingua all’altra. Essa è attuabile esclusivamente con marchi che hanno un significato (Puma, Apple, Shell). Ad esempio sono stati tradotti i marchi APPLE è “苹果” (Foneticamente: ping guo); SHELL è “壳牌” (Foneticamente: qiao pai) e VOLKSWAGEN è “大众” (Foneticamente: da zhong). Come potete verificare, la fonetica dei detti marchi è completamente diversa dalla fonetica degli stessi marchi in occidente, ma il loro significato è identico. Curioso anche il caso di STARBUCKS trasposto con “星巴克” (XING BA KE), ossia la traduzione letterale di Star = Stella e Bucks = Dollari in slang Statunitense.

A nostro parere, per i marchi che hanno contenuto semantico, la traduzione è quasi sempre la miglior soluzione per una corretta trasposizione.

 

Trascrizione

La trascrizione è una trasposizione fonetica del marchio occidentale in Cinese. La trascrizione non può essere precisa, come accade nelle traslitterazioni biunivoche ad esempio tra gli alfabeti occidentali, e può corrispondere a diversi significati.

Il più delle volte, i marchi cinesi trascritti, non hanno significato specifico. Ad esempio, il corrispondente marchio della Cadillac è: KAI DI LA KE (凯迪拉克), di Boeing è BO YIN (波音), di SONY è SUO NI (索尼) e di Siemens è XI MEN ZI (门子西).

Visto che la trascrizione non è precisa, consente una scelta tra diverse traduzioni che possono anche avere significati. L’esempio più tipico è il marchio COCA-COLA. Il corrispondente Marchio cinese è 可口可乐 (KE KOU KE LE), foneticamente molto simile alla pronuncia occidentale del marchio Coca Cola. Inoltre ‘可口’ significa gustosa o deliziosa, mentre’可乐’ significa gradevole. Allo stesso tempo, il marchio KE KOU KE LE nel suo insieme è un termine fantasioso non descrittivo in lingua cinese. In questo caso specifico, il marchio è stato traslitterato con molta attenzione alla semantica del marchio stesso.

Altri esempi di successo sono Estee Lauder: 诗雅兰黛 (YA SHI LAN DAI), Chanel: 香奈儿 (XIANG NAI ER); LANCOME: 兰蔻 (LAN KOU), tutti foneticamente molto simili alla pronuncia occidentale dei marchi, tutti fantasiosi e non descrittivi e con traduzioni semantiche che si riferiscono a bellezza, eleganza, poesia, profumi.

 

Riscrittura

Alcuni marchi stranieri sono completamente riscritto o ri-inventati.

Ad esempio, il marchio BMW è stato ri-inventato in cinese è宝马 (BAO MA) che significa “cavallo prezioso”. Il marchio Land Rover è stato ri-inventato in cinese 路虎 (LU HU) che significa “la tigre della strada”.

 

Traslitterazione

Il termine traslitterazione è spesso usato a sproposito. La traslitterazione di un marchio Italiano-Cinese è infatti impossibile. Come specificato nel precedente post, la traslitterazione, è la trascrizione di un testo in un diverso sistema alfabetico quando esiste una corrispondenza biunivoca tra gli alfabeti, come accade con gli alfabeti, quali latino, bulgaro, greco…. (fonte: https://www.treccani.it/enciclopedia/traslitterazione/).

 

Per concludere, trascrivere un marchio in cinese necessita di bravi linguisti e pubblicitari. Chiaramente con la Lunati & Mazzoni collaborano uffici Cinesi che hanno al loro interno linguisti TOP, come diciamo a Milano!

 

Inviaci un’email

Registra il tuo marchio in cinese

Attenzione, se siete interessati ad utilizzare il vostro marchio in Cina, non è sufficiente che registriate la versione in lingua Italiana o Inglese del vostro marchio là, ma è anche indispensabile che lo proteggiate in lingua locale.

Infatti, non appena il vostro marchio vi farà vendere in Cina, B2B o B2C è indifferente, riceverà un suono o pronuncia di tipologia Cinese e dei corrispettivi caratteri cinesi, dai vostri clienti locali.

In quel momento, qualcuno potrà registrare il nome cinese come marchio e potrete perdere sia il diritto di utilizzare il marchio in cinese in Cina, sia la possibilità di essere voi stessi a determinare la traslazione del marchio in cinese.

Simili casi si sono ripetuti diverse volte nel corso degli anni, con aziende come Pfizer, Hermes, Penfolds.

Scegliere un nome cinese è complicato, e il semplice fatto di parlare correntemente il cinese non è sufficiente per compiere adeguatamente tale scelta. Troppo spesso questa importante decisione è velocemente delegata ad un agente locale, con risultati prevedibilmente mediocri.

Il marchio può infatti essere trascritto foneticamente o tradotto semanticamente, e le traslazioni possono avere a loro volta diversi dignificati semantici.

Quando depositate il vostro marchio in cinese è importante tenere a mente che non è possibile realizzare una semplice traslitterazione dei marchi. Infatti, in lingua Cinese, i caratteri non indicano direttamente un fonema o un suono, ma combinano suoni e significati.

È quindi fondamentale che il marchio Cinese corrisponda, dal punto di vista semantico o dal punto di vista fonetico, al marchio Italiano e che, nello stesso tempo, il marchio Cinese non abbia accezioni negative, in particolare dal punto di vista semantico. Ad esempio, sarebbe estremamente inappropriata una traslazione del vostro marchio con una stringa di caratteri cinesi che, in lingua Cinese, fosse un insulto o una brutta parola. Tale traslazione non sarebbe appropriata neppure se detta stringa di caratteri cinesi avesse un suono similissimo al suono della parola Italiana che il vostro marchio definisce.

La trascrizione del vostro marchio non deve inoltre coincidere con prodotti o servizi protetti dal vostro marchio o con diciture comuni in lingua cinese, per evitare problemi di mancanza di distintività.

È inoltre indispensabile verificare che non ci siano marchi simili per prodotti/servizi simili in Cina, onde evitare problemi in fase di concessione del marchio.

Nel prossimo post saranno riportati i vantaggi e svantaggi delle diverse tipologie di trasposizioni del marchio dall’Italiano al Cinese.

Tutelare i segreti commerciali

Come che cosa sono maggiormente sensibili i Vostri clienti?

Cosa controllano i Vostri clienti delle macchine che producete?

Quali sono i parametri e le regolazioni che conferiscono un funzionamento ideale alle vostre macchine?

Chi è la persona di riferimento di quell’azienda o associazione?

Se non questi, avrete certamente dei “segreti” che solo voi e pochi esperti conoscono.

Queste informazioni tecnico-commerciali sono codificate come segreti commerciali, che sono tutelati dal codice di proprietà industriale.

Sono tutelati in tutta Europa al punto che potete chiedere procedimenti d’urgenza a giudici specializzati, ad esempio nel caso in cui un ex dipendente su trasferisca alla concorrenza e Voi abbiate prove del fatto che stia spiattellando i vostri segreti.

(Ovviamente i segreti commerciali non vi tutelano dal reverse engineering, per quello sono necessari i brevetti)

Ma come è possibile tutelare i segreti commerciali?

Le informazioni sono segreti commerciali tutelati se:

  • sono informazioni poco note (bella forza, se no che segreti sono!?),
  • hanno valore economico (bella forza, se no cosa vi interessa che vengano protetti!?),
  • sono essere “soggette, a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete”.

Il terzo ed ultimo punto, inaspettatamente, non è sempre soddisfatto. Infatti, a volte tali informazioni sono liberamente diffuse nelle aziende, magari insieme alla semplice raccomandazione di non divulgarle verso l’esterno.

È invece importante poter dimostrare la loro ragionevole protezione dalla divulgazione.

E quindi cosa è necessario fare? Nuovi protocolli? Altre attenzioni? Altre raccomandazioni?

Rivelerò un semplice segreto, a questo punto ex segreto commerciale, per tutelare gratuitamente e con certezza i segreti commerciali.

Trattate le informazioni di valore con lo stesso protocollo con il quale trattate i dati particolari (ex-sensibili) del GDPR, altrimenti detto “legge privacy”. Dati che già trattate in maniera, a mio parere, adeguata a mantenerne la segretezza.

 

Quando l’EPO ti dà ragione

È la seconda volta nel giro di pochi mesi che i nostri competitor non sono d’accordo con noi… ma l’European Patent Office sì 😉!

Riavvolgo, chiarisco.

Per azionare in causa una domanda di brevetto in esame, e non ancora concessa, è opportuno avere un parere da parte di un altro studio brevetti che asserisca che il brevetto, con ogni probabilità, sarà concesso.

È la seconda volta, nel giro di pochi mesi, che due dei miei competitor (entrambi bravi e autorevoli) ci negano, in un parere, la validità del brevetto in esame, sostenendo che il brevetto non sarà concesso se non dopo importanti modifiche.

I due stessi brevetti sono stati invece concessi, in entrambe i casi, senza alcuna modifica apportata! Insomma, i competitor ci danno torto ma l’organo giudicante, l’European Patent Office, ci dà ragione! (Yesssss!!!!!!!)

In seguito ad una riflessione sui casi, ritengo che sia la filosofia della LM che ci premia! Una filosofia che non ci settorializza esageratamente perdendo conoscenze di base. Una filosofia che prevede che chi affronta le liti, affronti anche la stesura dei brevetti, gli esami Europei, analizzi le modifiche apportate in concessione, verifichi le ricerche effettuate.

Con una metafora calcistica, alla LM, riteniamo che, anche se si impara a giocare a calcio bene, a piazzare il pallone all’angolino con effetto, a crossare dobbiamo comunque continuare ad allenarci nelle basi: correre, saltare, rimanere in piedi negli scontri.

Forse il fatto di avere i piedi quadrati mi ha molto aiutato! 😊

Come proteggere le innovazioni importanti

Di fronte ad un felice esito in una CTU brevettuale, ho il piacere di constatare che la strategia da me sempre proposta, e scrupolosamente seguita dai miei Clienti del caso, ha dato i suoi frutti.

Il mio consiglio è di proteggere i prodotti innovativi con più brevetti, che proteggano diverse sfaccettature dello o degli stessi prodotti. Non possiamo lasciare tutto il peso della tutela ad un solo brevetto, quando trattiamo prodotti e innovazioni importanti.

Come dico spesso ai miei Clienti, a parità di budget, è meglio estendere più brevetti in meno paesi che un solo brevetto in molti paesi secondari. Ricordiamo sempre che un brevetto protegge da produzione e commercializzazione, quindi, anche se sono protetti solo i principali mercati (Europa, USA, Cina, Giappone) gran parte del mercato è tagliato alla concorrenza, che potrà anche produrre in altri paesi, ma non commercializzare nei paesi con brevetti.