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Copiare un’idea

Ho appena visto un film “Glass Onion – Knives Out”, molto divertente, nel quale due protagonisti (Edward Norton e Janelle Monáe) litigano per la proprietà intellettuale di un’invenzione (presumibilmente un motore di ricerca), inventato una decina di anni prima e che aveva reso entrambi molto ricchi.

Addirittura, gli appunti, scritti su un tovagliolo dieci anni prima, testimoniano chi dei due protagonisti sia il proprietario di quella “proprietà intellettuale”.

Il pretesto narrativo, sebbene divertente, non è credibile. O era presente un brevetto sull’invenzione, o non è importante chi abbia avuto l’idea dieci anni prima. Certo, sarebbe importante ai fini della proprietà del brevetto, ma visto che i due protagonisti hanno collaborato un decennio, entrambi ai vertici della società basata sulla detta invenzione, non è credibile che la lite sulla proprietà del brevetto inizi con un decennio di ritardo rispetto al deposito del brevetto stesso.

Il film è un mio pretesto per sollevare un interrogativo: posso copiare un’idea tecnica?

Posso copiare un’idea?

Per alcuni la risposta è sorprendente, la risposta è “si”. Chiaramente se c’è un brevetto non devo contraffare il brevetto, ma se tale brevetto non c’è, e l’ “idea tecnica” è sul mercato, non c’è alcuna legge che mi vieta di copiare il dispositivo.

Ovviamente, non devo neanche contraffare altri titoli di IP, ma in questo caso stiamo entrando nell’estetico, nel dominio dei marchi e della concorrenza sleale e uscendo dal tecnico che riguarda esclusivamente i brevetti e che è il solo argomento del presente blog post.

In Italia, purtroppo, forse proprio nel nostro DNA, non abbiamo una chiara divisione tra tutela legale e “gentlemen agreements” che intercorrono tra le aziende… siamo troppo gentiluomini. Le aziende spesso ritengono scorretto copiare le soluzioni tecniche altrui. Alcune volte le stesse sentenze sono sproporzionate verso la concorrenza sleale.

In altri paesi non è così. Ho visto un’azienda tedesca, dopo una collaborazione pluridecennale, “copiare” il prodotto della sua fornitrice italiana e, alla richiesta di spiegazioni, rispondere semplicemente “mi spiace, non l’hai brevettato”. Ammetto, la risposta ha lasciato basito anche me (la vicenda era ovviamente molto più complessa). Tuttavia, devo anche riconoscere che lamentarsi di un simile atteggiamento, sarebbe come lamentarsi del fatto che il mio avversario di una partita di scacchi muove la regina sia in diagonale sia in orizzontale. Ci muoviamo tutti all’interno di regole anche nel mondo del business.

Raccomando sempre ai miei clienti di non prendere le questioni sul personale ma pensare esclusivamente in termini economici nel lungo periodo. Nel lungo periodo perché delle volte può valer la pena, ad esempio, di perdere degli introiti nel breve periodo per salvare la reputazione dell’azienda, e quindi i suoi introiti, nel lungo periodo (così come a scacchi sono note le mosse di persone che perdono pezzi importanti per vincere la partita).

Non fidatevi dei vostri clienti e fornitori. Cercate di mantenere ottimi rapporti con loro ma considerate anche che gli stessi potrebbero cambiare. Del resto, l’occasione fa l’uomo ladro ed è opportuno non dare tali occasioni ai nostri collaboratori.

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Sentenze Lego®

Una recente e importante sentenza Lego®, la seconda sulla tutela dei mattoncini e simili, mi ha fatto riflettere. Vi illustro quanto accaduto.

Nel 2010, una famosa sentenza Lego® della Corte di Giustizia Europea aveva fornito un importante chiarimento circa la tutela delle forme con valore tecnico. Tale sentenza aveva decretato nullo il marchio di forma europeo sul mattoncino Lego® (nello specifico quello rosso nella fotografia). Tale nullità era deliberata sulla base all’Art. 7.1e.ii. del Regolamento Comunitario n. 40/94, secondo il quale: Sono esclusi dalla registrazione: i segni costituiti esclusivamente: dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico.

In particolare, la Corte aveva decretato che: dell’esame della funzionalità di un segno costituito dalla forma di un prodotto, occorre solamente valutare, dopo che sono state identificate le caratteristiche essenziali di detto segno, se queste ultime svolgano la funzione tecnica del prodotto in oggetto.

Un simile ragionamento, a mio parere, può essere fatto, mutatis mutandis, per i disegni e modelli registrati. Anche la legge sui disegni e modelli, infatti, contiene un’esclusione sulla registrabilità delle forme aventi funzione tecnica. Nei dettagli, l’Art. 8.1 del Regolamento Comunitario n. 6/2002, il regolamento sui Disegni e Modelli, stabilisce: Un disegno o modello comunitario non conferisce diritti sulle caratteristiche dell’aspetto di un prodotto determinate unicamente dalla sua funzione tecnica.

Tuttavia, il 24 gennaio 2024, una nuova sentenza Lego® della Corte di Giustizia Europea (T‑537/22) sembrava aver determinato la registrabilità del mattoncino. Tale sentenza, è relativa ai disegni e modelli (e non più ai marchi di forma) e riguarda il modello rappresentato nell’immagine in bianco e nero.

Mi sono quindi chiesto se le esclusioni alla registrabilità delle forme con funzione tecnica nei disegni modelli e nei marchi di forma fossero radicalmente diverse, contrariamente a quanto pensassi.

Bene, non è così, o meglio un po’sì… ma solo in virtù di un’esplicita eccezione. Infatti, l’esclusione relativa ai disegni e modelli con funzione tecnica contiene a sua volta un’esclusione (e l’esclusione dall’esclusione della tutela è un’inclusione nella tutela). Nello specifico, l’Art. 8.3 del Regolamento Comunitario n. 6/2002 recita: un disegno o modello comunitario conferisce diritti su un disegno o modello … che ha lo scopo di consentire l’unione o la connessione multiple di prodotti [tipica funzione tecnica] intercambiabili nell’ambito di un sistema modulare. I sistemi modulari, anche se hanno funzione tecnica, possono anche essere registrati come disegni e modelli e solo in virtù di tale eccezione è stato riconosciuto valido il modello illustrato.

Le due esclusioni dalla tutela delle forme con funzione tecnica, nei marchi di forma e nei disegni e modelli, continuano quindi, a mio parere, a essere simili (fatte salve le eccezioni).

Un’ultima curiosità… da bambino giocavo con il mattoncino di Lego® oggetto del design rappresentato in bianco e nero … ne sono quasi sicuro … e avendo io, due decenni più di 25 anni, mi sono domandato come possa essere ancora valido un simile titolo, la cui durata massima è limitata a 25 anni ed essendo passato attraverso un procedimento di richiesta di annullamento importante.

La risposta è semplice, la domanda di nullità basata sulla mancanza di novità non è stata presa in considerazione per mancanza di prove di chi ha chiesto la nullità.

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Riassunto

Dalla Corte di Giustizia Europea arriva una nuova importante sentenza sulla tutela dei mattoncini Lego®. Le sentenze relative agli stessi costituiscono pietre miliari nel chiarimento sulla tutela delle forme con funzione tecnica tramite marchio o modello.

Nuova apertura e seminario a Padova

In partnership con l’incubatore Paradigma, lo studio Lunati & Mazzoni, apre una sede operativa negli spazi della stessa Paradigma a Padova. Un consulente IP dello studio sarà quindi presente e a disposizione di tutte le aziende che lo desiderano ed in particolare delle startup incubate per rispondere alle Vostre richieste specifiche in tema di Proprietà Intellettuale.

Per inaugurare questo nuovo passo abbiamo organizzato un Seminario, aperto a tutti gli iscritti, sui temi della Proprietà Intellettuale, con focus specifico sull’impatto che esso ha sul valore delle startup. Il format sarà molto interattivo, con ampio spazio a domande-risposte e analisi di casi pratici che possano servire concretamente alle startup per spunti da applicare ai propri contesti imprenditoriali.

Il seminario si terrà nella sede di Paradigma il 31 gennaio ore 16.00. Se non riuscite a venire in presenza è possibile collegarsi da remoto al webinar live (link: Meet – zdi-ftjd-vvm (google.com))

L’evento è aperto a tutti.

È richiesta prenotazione per mail a: padova@lunati-mazzoni.com

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Simboli di registrazione del marchio

Sono sempre più diffusi i simboli relativi a proprietà intellettuali, quali i simboli ®, ™  e ©.
Chiariamo di seguito quando si possono usare, cosa identificano e quando sono usati a sproposito.

© è un simbolo per il marchio registrato?

Sgombriamo innanzitutto il campo da un intruso, il simbolo ©. Tale simbolo serve ad indicare che un contenuto, quale un testo, una fotografia, un video o simile è coperto da diritto d’autore (copyright).

Questo simbolo non designa quindi un marchio, ma una creazione con valore artistico o simile.
Esso è utile ad esempio nelle fotografie per indicare che è rivendicata la proprietà delle stesse.

™ e ® marchio registrato: cosa sono, quando usarli e differenze

I simboli ®, ™ sono usati in prossimità dei marchi registrati.

In particolare, il simbolo ® è utilizzato accanto ad un marchio, in genere in posizione apicale, per indicare che il marchio stesso è registrato (quindi la domanda di registrazione deve essere andata a buon fine).
Esso è nato per impedire la cosiddetta “volgarizzazione” di un marchio. 

Si tratta di un fenomeno che accade quando il marchio è talmente famoso che i consumatori ritengono che non si tratti di un nome proprio ma del nome comune per designare l’oggetto. Esempi di volgarizzazione sono i marchi Riloga, Brugola, Cellophane.

Un marchio volgarizzato decade e tutti possono utilizzarlo.

Oggi tutti possono chiamare una vite con testa con esagono incassato “brugola” senza dover diritti a nessuno. Se invece il titolare del marchio si premura di far sapere che lo stesso è un marchio registrato, ad esempio apponendo il logo ®, allora il marchio non si volgarizza.

Ad esempio, i materiali Kevlar® e Gore-Tex® rimangono proprietà dei titolari ed oggi nessuno può dire che un giubbotto in materiale composito con matrice costituita da resina epossidica e rinforzo costituito da fibra aramidica è un giubbotto in Kevlar®, se non la DuPont® e i suoi eventuali licenziatari.

Oggi, il simbolo ® è andato oltre il suo iniziale utilizzo ed è usato anche per dare professionalità ad un marchio. Lo vediamo, infatti, apposto anche a marchi che non hanno alcun rischio di volgarizzazione.
Concordiamo con questa filosofia, la ® fa capire che tenete al vostro nome, al nome della Vostra azienda e conseguentemente ai prodotti/servizi connessi.

Il logo ® si è talmente diffuso che alcune aziende lo utilizzano anche senza averlo registrato, ma si tratta di un illecito!

In Italia, l’illecito è legiferato dal codice di proprietà industriale art. 127.2 che indica che è prevista una sanzione amministrativa da 150 euro a 1.500 euro.

I rischi sono molto maggiori in altri paesi, in Cina ad esempio è prevista una sanzione fino al 20% di quanto venduto con il logo ® illegalmente apposto e nel corso del 2022 sono state applicate ben 1000 delle dette sanzioni.
Inoltre, in Cina, la registrazione di un marchio è assolutamente d’obbligo. Quindi, se affrontate il mercato locale o anche se avete solo l’intenzione di affrontarlo in futuro, prestate attenzione visto che il fenomeno del Trademark Squatting in Cina è letale!

Per smorzare tali problematiche, qualcuno adotta il logo TM, esattamente con le stesse funzioni del logo ®, con la differenza che TM (Trade Mark, anche nella variante più rara “SM” Service Mark) sta a significare l’intenzione di usare il simbolo come marchio senza che necessariamente la registrazione sia andata a buon fine. Esso si usa quindi, in genere, durante il processo di registrazione.

Non fatevi cogliere impreparati e registrate il vostro marchio: la registrazione di un marchio ha costi limitati, in Italia addirittura poche decine di € l’anno.

 

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Come scegliere i paesi di estensione del proprio Brevetto

Sono diversi i criteri per scegliere i paesi nei quali estendere il proprio brevetto o il proprio marchio.
In questo articolo faremo una carrellata dei più importanti.
Importante tenere a mente che un brevetto protegge sia la produzione che la commercializzazione che l’uso per fini commerciali. Anche una sola di queste attività non può essere implementata da terzi in un paese con brevetto.

Paesi dei propri produttori, rivenditori e alleati in genere

Il primo criterio è quello di guardare in casa propria.
Produttori e alleati possono trasformarsi nel peggior nemico.
Inoltre, i rivenditori possono voler vedere protetto il proprio mercato ed è buona norma accontentarli.
Questo, a mio parere deve essere uno dei più importanti criteri per la scelta dei paesi.

Paesi da maggior PIL

Il PIL si presuppone direttamente proporzionale al mercato che i prodotti hanno.
Nella logica di tutelare il mercato dei consumatori si tutelano i paesi con PIL maggiore.
Visto che i brevetti, in ogni nazione, non hanno prezzi che variano di moltissimo, i paesi con maggior PIL hanno un rapporto costo/mercato migliore degli altri.
Scegliendo opportunamente pochi paesi può essere protetta la gran parte del mercato.

Ad esempio, scegliendo Europa, USA e Cina si raggiungono i 2/3 del PIL mondiale, aggiungendo Giappone e India si arriva a 3/4, aggiungendo ancora una o più tra Brasile, Russia, Canada, e Gulf Cooperation Council, Australia e Corea del Sud si aggiungono 2 punti percentuali del PIL mondiale per ogni paese.
Insomma, importante sfruttare la legge di Pareto: il 20% degli elementi di un qualunque insieme raggiunge l’80% di una quantità connessa all’insieme.

Paesi dei concorrenti

Importante estendere i brevetti e marchi nei paesi nei quali risiedono i concorrenti.
In alcuni casi fortunati i concorrenti sono pochi o concentrati in pochi paesi.
Ad esempio il mercato delle moto è enorme, ma se dovete difendere un brevetto che riguarda il settore, l’estensione in Italia, Germania e Giappone può essere più che sufficiente.

Paesi di particolari mercati

Alcuni beni sono venduti in particolari mercati, che è ovviamente opportuno proteggere. Ad esempio, i beni di lusso nei paesi arabi, od ancora le innovazioni connesse ad esempio alle attività in mare o a particolari attività sportive.

E il PCT?

La domanda di brevetto PCT ha lo scopo di dilungare i tempi dell’estensione.
Essa è opportuna se e solo se avete comunque in mente di estendere il brevetto in diverse nazioni. Se la vs. unica indecisione è se fare o non fare il brevetto Europeo, allora non vale la pena di depositare un PCT. Depositate subito una domanda Europea che eventualmente abbandonate.

COME IMPEDIAMO CHE ACCADA QUESTO?

Ripropongo la vignetta apparsa sull’account Johnny Haypee (https://www.linkedin.com/in/johnny-haypee/). La vignetta dell’immagine è molto divertente ed è divertente proprio perché è una situazione che rischia di presentarsi, più frequentemente di quanto si possa credere.

È una situazione che ha maggiori possibilità di accadere quando il patent attorney e l’azienda titolare si parlano e si conoscono poco.

Alla Lunati & Mazzoni abbiamo alcune procedure per evitare che accada.

  1. Preferiamo vedere il prototipo, se presente, o comunque incontra di persona, presso la loro sede l’imprenditore ed i tecnici dell’azienda. Un incontro e una visione di persona eliminano tantissime incomprensioni che, se alla nascita del brevetto possono essere mitigate da una rivendicazione molto amplia, con l’esame ed eventuali opposizioni rischiano di portare fuori strada la tutela necessaria.
  2. Notifichiamo al titolare gli esami e le azioni ufficiali in modo da essere certi che abbia capito le eventuali limitazioni. In caso di dubbi preferiamo la strada opposta, ossia chiedere come è realizzato il prodotto finito.
  3. Partiamo sempre da una domanda di brevetto Italiano, in modo da poter modificare il testo per un’eventuale estensione Europea o in altri paesi.
  4. In ogni caso è sempre bene ricordare al Titolare, e tenerlo presente per noi stessi, che un brevetto serve a vietare a terzi di fare qualcosa e non a consentire al Titolare di fare qualcosa.

MA… STI MODELLI DI UTILITÀ… TUTELANO?

Eccome se tutelano!

Ho appena saputo, da un mio Cliente, che l’oggetto di un suo brevetto per modello di utilità, due mesi dopo la scadenza ultima, è stato copiato.

Questo significa che il modello di utilità lo ha tutelato per 10 anni da un competitor agguerrito che monitorava i suoi brevetti.

Un modello di utilità su un oggetto ad uso alimentare realizzato in materiale polimerico anziché in metallo.

Nel frattempo, a causa del decennio di esclusiva, l’oggetto del mio cliente si è affermato presso il pubblico ed ora sarà sempre preferito rispetto a quelli dei concorrenti.

Se questo titolo è stato inutile, ditemelo voi!

La cosa divertente è che il modello di utilità è ritenuto, in genere, al limite dell’inutile da noi Patent Attorney, è un po’guardato dall’alto al basso.

L’atteggiamento del tipo, o compro il meglio o non compro nulla non l’ho mai capito.

Certo, una Lamborghini è molto più performante di una Skoda, ma se l’alternativa è andare a piedi le due vetture hanno quasi le stesse prestazioni.

Cari imprenditori, in questo superate i patent attorney, non accettate un loro no, chiedete loro di scrivervi e depositare un modello di utilità, quando un brevetto di invenzione non è possibile.

Fai sapere che i tuoi prodotti sono brevettati

Pochi giorni fa ho osservato il sito web di un mio cliente.
In home page era presente il suo prodotto con uno stemma, grande quasi quanto il prodotto, che dichiarava: “Brevettato – Patented”. Bravo, bravissimo, è così che si fa!

Fai sapere a tutti che i tuoi prodotti o processi sono brevettati, che i tuoi marchi e design sono registrati. Raggiungerai tantissimi vantaggi.

Fai innanzitutto sapere ai tuoi concorrenti che i tuoi prodotti sono brevettati.
I tuoi concorrenti dedurranno che non è opportuno copiare i tuoi prodotti. Dovranno poi chiedere una consulenza specifica e costosa per verificare cosa sia brevettato e non è detto che lo facciano.
Anche se analizzeranno i tuoi brevetti, i tuoi concorrenti terranno comunque un margine di sicurezza dal tuo brevetto, proporzionale alla veemenza con la quale lo pubblicizzi. Sono frequentemente sia da un lato che l’altro della barricata, vi parlo con cognizione di causa.

Fai inoltre sapere ai tuoi clienti che i tuoi prodotti sono brevettati.
I tuoi clienti sapranno che la tua azienda è innovativa, che i prodotti sono unici, all’avanguardia, letteralmente inimitabili.
Inoltre, se sei nel B2B, i tuoi clienti sapranno che è bene non acquistare prodotti simili dai tuoi concorrenti. Quanto mi piacerebbe poter brevettare i brevetti!

Fai poi sapere ai tuoi finanziatori, potenziali, attuali, pubblici o privati, che i tuoi prodotti sono brevettati.
Anch’essi sapranno che la tua azienda è piena di valore, preziosa, solida.

Gli auguri di un patent attorney

Ammettiamolo, gli auguri dei patent attorney assomigliano a quelli che leggete nella cartolina! 😆😆😆

Che cos’è il nuovo Brevetto Unitario Europeo? E perché consiglieremo l’OPT-OUT?

Se sentite parlare di nascita di Brevetto Europeo e vi chiedete come sia possibile che siano anni che effettuate depositi per la registrazione di brevetti Europei, o se sentite parlare di sede a Milano e di Opt-Out e volete capire cosa siano, allora vi chiedo di spendere 10 minuti del vostro tempo e leggere il presente articolo. Ho fatto del mio meglio per essere chiaro e sintetico e ho cercato di seguire il suggerimento del mio “collega” Einstein: “Tutto dovrebbe essere reso il più semplice possibile, ma non più semplice”.

È infatti agli onori della cronaca il Brevetto Europeo Unitario, altrimenti detto Brevetto Unitario o UPC (Unified Patent Court, tribunale dei brevetti unificato).

Prima di chiarire cosa sia il Brevetto Unitario dobbiamo fare un passo indietro e spiegare il Brevetto Europeo, poi l’Unione Europea e infine il Brevetto Unitario.

 

IL BREVETTO EUROPEO

Il Brevetto Europeo è regolato da un accordo internazionale, l’European Patent Convention (EPC) , nato nel 1973, al quale hanno aderito principalmente nazioni geograficamente appartenenti al continente europeo, ma non solo, tanto è vero che appartengono all’EPC anche paesi nord africani e la Cambogia.

Le dette nazioni si erano infatti accorte, negli anni ’70, che l’esame delle domande di brevetto era troppo complesso e oneroso per essere affrontato dalle singole nazioni. Hanno quindi deciso di creare un unico ufficio internazionale, l’European Patent Office (EPO), per realizzare gli esami dei brevetti. In tale ufficio lavorano esaminatori provenienti da tutte le nazioni aderenti all’EPC.

L’EPO esamina quindi le domande di brevetto, le concede se rispondenti ai requisiti da adempiere e ne regola la procedura d’opposizione. In seguito alla concessione, il Brevetto Europeo si divide in un fascio di frazioni nazionali valide nelle singole nazioni aderenti all’EPC. Le singole nazioni devono accettare i brevetti così come concessi dall’EPO e possono richiedere, al massimo, una traduzione e il pagamento di una tassa. In questa fase, fino alla concessione del brevetto, le singole nazioni non hanno quindi autorità di intervenire sul brevetto Europeo.

Tuttavia, in seguito alla concessione, le singole nazioni hanno l’autorità per ridiscuterne la validità del brevetto concesso in caso di lite. Infatti, le liti in tribunale basate sulle frazioni nazionali di brevetto Europeo sono regolate dai singoli stati membri e rimangono reciprocamente indipendenti. Ad esempio, un tribunale italiano può determinare, nel corso di una causa, la nullità della frazione Italiana di un brevetto Europeo concesso. Allo stesso modo anche i tribunali delle altre nazioni, ognuna relativamente alla propria frazione.

 

L’UNIONE EUROPEA

Parallelamente, negli ultimi decenni, e dopo la nascita dell’EPC, è nata l’Unione Europea (EU) e tutti, ma non solo, i paesi aderenti all’EU aderiscono all’EPC.

L’EU ha quindi cercato di unificare anche la fase successiva alla concessione dei brevetti Europei in seno ai paesi dell’Unione stessa, in modo che il brevetto Europeo mantenesse unità, nei paesi EU, anche in seguito alla concessione.

 

IL BREVETTO UNITARIO

Dopo anni di trattative internazionali si è quindi deciso di realizzare una frazione dell’EU dei Brevetti Europei, denominata Brevetto Europeo con effetto Unitario, o semplicemente Brevetto Unitario. Il Brevetto Unitario fa sì che un brevetto Europeo concesso dall’EPO sia validabile direttamente nell’EU, come se fosse un’unica nazione.

Per fare questo passo è stato necessario anche realizzare un tribunale unificato per i brevetti, noto con il nome di Unified Patent Court (UPC), che si occupasse del giudizio di validità e contraffazione dei Brevetti Unitari nel corso delle liti in tribunale (Poco fa avete infatti letto che, in caso di lite, le singole nazioni mantengono l’autorità sulla propria porzione nazionale di Brevetto Europeo).

L’UPC comprende una serie di corti nazionali (una a Milano) e delle sedi centralizzate (Parigi, Monaco e la terza spettava a Londra, ora si discute se spostarla a Milano 🤞) che si occuperanno della parte più complessa delle liti, ossia il giudizio di validità del brevetto. Inoltre, l’UPC si può anche occupare della validità delle frazioni nazionali dei brevetti europei già concessi, per le nazioni aderenti alla UPC stessa. Ad esempio, la validità della frazione Italiana di un brevetto Europeo concesso 10 anni fa, potrà essere giudicata non più dai tribunali Italiani, ma dall’UPC.

 

COME AGIRE ORA E PERCHÈ

La Lunati & Mazzoni ha osservato attivamente la nascita dell’UPC e ora i suoi mandatari (tra i quali chi sta scrivendo) sono accreditati presso la stessa UPC (con il titolo altisonante di “European Patent Litigator”) e può quindi assistere i propri clienti, o chi le da mandato, presso la stessa UPC.

L’UPC inizierà l’ 1 giugno 2023.

Per un periodo transitorio di almeno 7 anni, i titolari dei brevetti che risiedono nei paesi aderenti alla Unified Patent Court potranno decidere se i brevetti Europei concessi in passato siano regolati dall’UPC o dal tribunale nazionale come negli scorsi anni.

Tutti i brevetti saranno considerati automaticamente regolati dell’UPC, a meno che il titolare del brevetto non richieda che quello specifico brevetto resti fuori (richiesta di Opt-Out) dall’UPC. Ne consegue che, se non vi attiverete per un opt-out, il Vostro brevetto Europeo già concesso e validato, ad esempio, in Italia potrà essere attaccato per validità non presso un tribunale Italiano, ma presso la UPC e dovrete difendervi presso tale sede.

Considerando che:

  1. non sappiamo ancora come lavori l’UPC,
  2. le richieste di annullamento subite alla UPC sono costose,
  3. e soprattutto che se usciamo dalla UPC possiamo rientrare quando vogliamo,

consigliamo ai nostri Clienti di realizzare l’Opt-Out per uscire appunto dall’UPC e osservare come si evolve la situazione.

L’Opt Out può essere richiesto in qualsiasi momento e, per essere sicuri che terzi non chiedano l’annullamento di un Vostro brevetto presso l’UPC, è possibile richiederlo addirittura prima (fino a tre mesi prima) dell’entrata in vigore della stessa Unified Patent Court. Questo cosiddetto Sunrise period, nel quale chiedere l’Opt Out, inizierà quindi l’ 1 marzo 2023.

Per domande e risposte scrivetemi su LinkedIn (come commento o DM) o via e-mail.